martedì 20 settembre 2016

DOMENICA

5.17 am: BrightonTheCat ha fame.
rotolo giù dal letto, mi trascino fino alla stanza di là, apro la bustina di straccetti di coniglio, ne verso metà nella ciotola, faccio un grattino al gatto in mezzo alle orecchie, mi ritrascino verso il letto e torno a dormire.
tutto regolare.
normale amministrazione.

8.33 am: BrightonTheCat vuole uscire.
rotolo giù dal letto, mi trascino fino al salotto, apro la porta che dà sul giardino, tiro le tende per non far vedere alla vicina le condizioni subumane della cucina, bevo un bicchier d'acqua, mi ritrascino verso il letto e torno a dormire.
tutto regolare.
normale amministrazione con variatio week end.

10.24 am: mi decido ad alzarmi.
infilo i pantaloni della tuta, apro i balconi, accendo la macchina del caffè, scorro la tl di facebook sul telefono andando avanti e indietro tra una stanza e l'altra.
tutto regolare.
o forse no.

in mezzo ai soliti post qualcuno ha condiviso una notizia dal sito dell'ansa.
apro la pagina.
l'articolo è piuttosto breve eppure non sono in grado di comprendere il testo per intero.
il mio cervello è riuscito ad elaborare solo tre informazioni:
esplosione - New York - 23rd st. 6th ave.
non riesco a respirare.

lì vicino, lì troppo vicino, al sesto piano di un palazzo con un portiere cagacazzi, c'è l'ufficio di N.

non riesco a muovermi.
mi viene da vomitare.

accendo la tv e cerco di concentrarmi, di capire cosa, come, dove, quando.

esco in giardino, accendo una sigaretta, cerco di razionalizzare.
le otto e mezza di sabato sera, non poteva essere lì.
di sicuro era da qualche altra parte...
a casa sua, con lei.
o a cena da qualche parte, nel lower east side o a Brooklyn o dovecazzoglipare, con lei.
per la prima volta mi ritrovo a pregare dio che fosse con lei.
qualsiasi cosa, purchè non fosse lì.
e se invece avesse dimenticato qualcosa? se avesse avuto un appuntamento? se avesse avuto da fare e avesse fatto tardi?
no.
lui sta bene.
lo sentirei se non fosse così, lo sento sempre quando c'è di mezzo lui.
controllo l'ora del suo ultimo collegamento su whatsapp: le 7:29 mie, l' 1:29 sua.
va tutto bene.
va. tutto. bene.

ritorno sul divano, faccio il giro di tutti i telegiornali.
mi sento terribilmente spaventata e impotente.
la sola idea che possa accadergli qualcosa mi fa morire.
mi pare di sentirlo mentre mi dice con tono annoiato "mi sembri mia madre" per l'ennesima volta...

vorrei scrivergli, ma non posso.
non posso per un sacco di motivi, che non ho deciso io.
"sto bene".
solo due parole, è tutto quello di cui avrei bisogno.

i legami tra le persone non godono di proprietà transitiva.
il fatto che qualcuno sia estremamente importante per te non implica che tu sia importante per lui.
d'altro canto, il fatto che qualcuno ti cacci a pedate dalla propria vita non implica che tu riesca a farlo uscire dalla tua.
in ogni caso puoi guardarla come ti pare, ma se tieni davvero a una persona devi trovare il coraggio di lasciarla andare quando sceglie di non rimanere, per quanto male possa fare.

riprendo lo zapping ossessivo-compulsivo dei tg e cambio, cambio, cambio, cambio, cam...
un'immagine di sfuggita mi ha colpito nella penultima schermata.
torno al canale precedente.
eccolo lì.
in basso a sinistra, sopra titoloni a caratteri cubitali e accanto alle immagini in diretta di ambulanze e auto della polizia coi lampeggianti accesi, c'è la foto di un tizio.
solo che non è un tizio qualsiasi, lui è Andrea Marinelli.

non conosco di persona Andrea, ma so benissimo chi è.
si sa, io so un po' di roba su un sacco di gente, è uno dei miei talenti.
uno dei suoi, invece, è raccontare le cose.
perchè spesso non è solo quello che dici, ma è come lo dici a fare la differenza.
il resto di ciò che so di lui me l'ha sempre fatto piacere molto; non so precisamente perchè, ma così, ad istinto, mi dà la sensazione di uno di cui ci si può fidare.

è complicato da spiegare, ma il fatto che quello che sta parlando ora sia proprio lui ha un significato particolare, un senso che va molto al di là di un giornalista in collegamento al telegiornale.
è una questione di dettagli.
non è solo un caso, lo so bene.
Andrea parla di tante persone che in quel momento se ne stavano beate a farsi i fatti loro da altre parti della città e che, probabilmente, nemmeno si sono accorte di cosa stava accadendo.
tra quelle parole che arrivano nelle case di qualsiasi italiano, è come se ci fosse un messaggio solo per me.
continua il suo discorso con un tono di voce sicuro e rassicurante: New York non si ferma, domani è un giorno nuovo e tutti riprenderanno a fare le loro cose senza farsi condizionare.
sono le stesse parole che mi direbbe N.

nyc non si ferma mai ed è proprio per questo che il suo posto è lì.
gli somiglia quella città, sembrano fatti della stessa essenza.

se la vita fosse un quaderno, la sua sarebbe un raccoglitore ad anelli contenente solo pagine bianche; ogni mattina un foglio nuovo da scrivere da zero, staccare la sera e archiviare in un posto che guarda soltanto di rado.
la mia, invece, sarebbe un taccuino consumato con i fogli ben rilegati, pieno di appunti, scarabocchi e spazi bianchi nel mezzo lasciati in sospeso, da riempire prima o poi; un libricino da tenere in borsa e portare sempre con me, per non perdere e non dimenticare le cose passate.

mentre lui corre sempre avanti senza girarsi indietro, io non posso fare a meno di stare a osservarlo da lontano, con l'istinto di proteggerlo e la consapevolezza di non poterlo fare.
"mi sembri mia madre".
già, lo so, è vero.
e adesso va' a lavarti i denti, mettiti il pigiama e fila a letto, piccola testa di cazzo, chè oggi mi hai fatto perdere dieci anni di vita.