venerdì 31 luglio 2015

ESTATE

gli amici, il caldo, il giardino, le risate, i pianti, i traguardi da festeggiare, 
gli smadonni cosmici, la noia, i posacenere che traboccano, 
le patatine al pepe nero.

tanto quando passano quelli della raccolta vetro scambio di nascosto il mio bidone con quello di Anna....




giovedì 30 luglio 2015

ON AIR


GIOVEDI'

una di quelle mattine in cui ti alzi e pensi che dovresti dedicare i prossimi cinque anni della tua vita a girare il mondo in couchsurfing trombandoti tutti i padroni di casa carini.

odio tutto e tutti, ultimamente.
più del solito, intendo.

dovrebbero inventare un tasto "pause" nella vita, un bonus che ti puoi giocare un paio di volte per fermare tutto mentre cerchi di dare un senso alla tua esistenza.
perchè diciamolo: questa cosa che il tempo passa lo stesso quando tu sei perso tra i casini nella tua testa è un'inculata colossale.
e io ormai ho una certa...
guardo indietro e vedo treni persi e occasioni sprecate.
guardo avanti e non vedo nulla.
guardo intorno e vedo quello che avrei dovuto fare e ho buttato nel cesso.
è una gran sensazione di merda, sappiatelo.

mercoledì 29 luglio 2015

SPOSTO MOBILI

luogo comune vuole che ogni donna che si rispetti, nei momenti di crisi mistica, esca a fare shopping e plachi l'ansia con un nuovo, scintillante tacco 12.
questo mi porta a pensare di essere stata uomo per almeno otto delle mie vite precedenti, perchè io, nei momenti (tanti) in cui ho i neuroni che sbroccano, sposto i mobili di casa.
prendo il mio migliore amico, l'avvitatore dell'ikea, e smonto e rimonto cose.
cambio pezzi alla doccia.
collego lampadari.
sostituisco termostati.
attacco e stacco cose dai muri.
inverto la posizione dell'arredo.

i miei neuroni sbroccano uguale, sia chiaro, ma almeno sbroccano in uno spazio finto-nuovo e si sentono più liberi di smadonnare pesantemente.

tanto per, nelle ultime due settimane ho cambiato posto al divano, sradicato da una parete tre librerie, buttato un orologio a muro, appeso due pensili nuovi.
nella to do list rimangono: imbiancare le pareti rigorosamente di bianco, fare un falò con il tavolo e le sedie, sostituire i suddetti con i nuovi, ridipingere la cucina di nero, cercare un forno nuovo, stampare i pannelli da attaccare al muro.

una volta terminato, molto probabilmente aspetterò qualche mese e poi smonterò tutto e ricomincerò da capo.

martedì 28 luglio 2015

PIANI PER IL FUTURO
















             



io, da grande, foglio fare il microfono bianco.

CHIAMAMI PER NOME

ecco cosa vorrei, che mi chiamassi per nome.
almeno una volta, una sola.

ci sono momenti in cui non m'importa.
istanti in cui tutto intorno scompare e per ciò che resta non serve usare parole, non servono definizioni.
attimi fatti di istinto e pulsioni inevitabili che non hanno bisogno di un nome o un significato.

e poi ci sono volte in cui mi chiedo se nemmeno lo sai davvero, come mi chiamo.
volte in cui mi domando se per te ci sia differenza.
volte in cui penso che tu lo faccia di proposito, per lasciarmi dichiaratamente nel mezzo delle cose qualsiasi.

ti ho sentito spesso dire io non sono "nessuno".
lo so, tu non sei mai stato "nessuno".
tu sei tu.

ma nemmeno io sono "nessuno".
odio essere una tra le persone qualunque che peschi a caso nelle tue nottate di noia.
ho bisogno di vedere che mi cerchi perchè vuoi me.
ho bisogno di una sequenza di lettere che definisca univocamente e inequivocabilmente me.
ho bisogno di sentire che anche tu sai che nemmeno io sono "nessuno".

non è la richiesta di un posto specifico nella tua vita che tu non vuoi dare e che io non posso avere; è una semplice questione di affermazione di se.
tu, che di ego ne hai da vendere, lo dovresti capire...

e allora dimmelo, quello stronzo, fottutissimo, maledetto nome.

sabato 25 luglio 2015

SABATO

Aprire la porta di casa praticamente nuda, convinta che sia la vicina di casa easy: fatto.
Trovarsi davanti il giardiniere trentenne: fatto.
Sbattergli la porta in faccia balbettando "scusa torno subito": fatto.
Imparare perché tua madre ti diceva che bisogna sempre mettere le mutande: fatto.

#stracazzoporcochefiguradimerda.

giovedì 23 luglio 2015

COSE CHE ACCADONO DI NOTTE

non so bene che città sia; so che è grande e lontana, ma potrebbe trovarsi ovunque.
siamo state in giro tutto il giorno, la Camy e io.
abbiamo visto cose, fatto shopping, scattato foto, mangiato dolci.
ora sono tornata in hotel.
la camera è totalmente spoglia: pareti bianche, mobili chiari ed essenziali, nessun oggetto o suppellettile od ornamento. 
nulla, a parte cose mie.
mi guardo intorno e all'improvviso capisco che non sono in un albergo.
il posto dove ho passato gli ultimi giorni è casa sua.
quella in cui mi trovo ora è camera sua.
e lui arriverà da un momento all'altro...
ansia.
panico.
angoscia.
non voglio che sappia che sono stata qui, che ho sparso le mie cose in giro, che ho dormito nel suo letto.
butto tutto alla rinfusa nella valigia; libri, cosmetici, regali, vestiti... tutto quello che c'è, il più velocemente possibile.
so che lui sta per tornare e non deve trovarmi qui.
non sapevo fosse casa sua, giuro che non lo sapevo.
lo giuro.
lo giuro.
devo andare via.
subito.
continuo a rovesciare oggetti nelle borse, ma sembrano non finire mai. 
non ho tempo.
non ho tempo.
non ho tempo.
lui sta arrivando.
non capisco come possano esserci così tante cose mie qui dentro.
più in fretta.
più in fretta.
più in fretta.
non posso lasciare niente di mio in questa stanza o capirà che sono stata qui.
sta arrivando.
è arrivato.
non lo vedo, ma so che al di là della porta, lo sento.
sta per aprire...

apro gli occhi nell'istante esatto in cui suona il telefono.
non ho bisogno di guardare chi sia.
lo so già.

sesto senso, coincidenza, cosmo, quella che lui tanto tempo fa chiamava connection...
non ho idea di cosa sia stato.
forse non lo voglio nemmeno sapere.
so solo che a volte, di notte, accadono cose strane.

per un istante penso di girarmi dall'altra parte e rimettermi a dormire.
e invece no.

lunedì 20 luglio 2015

LA PRIMA VOLTA

la prima volta che ho fatto un viaggio "da grandi".
la prima volta del "mind the gap between the train and the platform".
la prima volta delle monetine che pesano un chilo con la regina incisa sopra.
la prima volta che ho mangiato il sushi.
la prima volta che ho visto il Big Ben, da un autobus alle 4 di mattina, sfatta di sonno e havana cola, pensando "ma che piccolo!".
la prima volta che un dj mi ha dedicato una canzone in discoteca, ci ha dedicato una canzone in discoteca: love at first sight di Kylie Minogue, perchè eravamo bellissimi e innamorati.
la prima volta che sono entrata da Starbucks.
la prima volta che ho passato un'intera notte in bianco per fare l'amore.
la prima volta dei nachos al formaggio.
la prima volta che mi sono sposata per finta, sul treno che porta all'aeroporto, con una fedina in argento presa a Camden Town.
la prima volta che ho rischiato di farmi investire guardando dal lato sbagliato della strada.
la prima volta che ho girato curiosa per Soho.
la prima volta che ho percorso Regent Street, con lui che con una mano stringeva la mia e con l'altra mi indicava ai passanti dicendo loro "io lei la amo da morire", anche se non capivano una parola.
la prima volta che ho abbandonato le mie valigie in un deposito bagagli.
la prima volta che ho quasi perso un aereo per tornare a casa.
la mia prima volta a Londra.
la prima di tante.
non la più bella, non quella più importante, non quella in cui ho visto più cose, non quella in cui sono tornata cambiata, più matura, più forte e più consapevole.
ma si sa... la prima volta non si scorda mai.

venerdì 17 luglio 2015

ESTATE

fa caldo.
quel caldo, denso, soffocante, appiccicoso.
sto seduta in giardino, l'orlo del vestito che accarezza l'erba, i piedi scalzi sulla sedia di fronte.
è appena diventato buio, la brace della sigaretta emana una luce arancio vivo ad ogni boccata di fumo.
scaccio con la mano una zanzara dalla spalla, la pelle umida.
sono stanca.
chiudo gli occhi un momento...

Madison Square Park. 
ha piovigginato tutta la mattina, ma ora è uscito un po' di sole.
a pochi passi, sopra le nostre teste c'è "fata morgana", un'installazione di specchi che "diventa una sorta di miraggio scultoreo luminoso che falsa il passaggio e allo stesso tempo irradia una luce dorata", secondo Teresita Fernández. 
una di quelle cose che al primo sguardo ti fanno fare "ooooooooooh", ma poi più la guardi e più diventa brutta, secondo me.
se la fissi abbastanza a lungo quello che dovrebbe ricordare un caleidoscopio diventa una serie di fette di pomodoro tagliate in orizzontale e non puoi fare a meno di chiederti se non sia un messaggio subliminale del ristorante lì accanto.
ci saranno più di venti gradi, lui ha addosso una tshirt chiara sotto ad un cardigan antracite di lana grossa, i capelli arruffati sotto al solito berretto.
mi chiedo come faccia a non sentire caldo, poi mi ricordo del suo ufficio e dei pinguini fanno a nascondino con gli orsi polari, lì dentro, e lui che si chiude in uno dei tre loculi su una delle pareti per scappare dall'aria condizionata.
"sono strani, questi americani, sono davvero strani...", penso tra me e me.
indica col dito un punto oltre Shake Shack, più o meno all'angolo tra la 23ma strada e Madison avenue.
"lì, in quel punto lì, ho sentito più freddo in assoluto in vita mia. 
arrivavo da lì e stavo andando di là, dove avevo il mio primo lavoro quando sono arrivato a ny. 
ero tutto coperto, dappertutto, restavano fuori solo gli occhi, e ho pensato che non avevo mai avuto così freddo in vita mia".
quasi lo vedo camminare su quel marciapiedi non molto distante dalla panchina su cui siamo seduti ora, con il corpo irrigidito, le dita che perdono sensibilità, la mascella contratta per cercare di non far battere i denti.
lo immagino infagottato dentro al giubbotto, coi guanti, il berretto e la sciarpa che gli avvolge il viso fin sopra il naso, quegli occhi color castagna stretti in due sottili fessure orizzontali, il gelo che gli entra fin nelle ossa e non riesce a fargli pensare ad altro che al fatto che ha freddo. 
chissà se quel giorno aveva ai piedi i suoi stivaletti marroni... 
probabilmente no, ma a me piace far finta di sì... 



apro gli occhi. 
forse sì è alzato un po' di vento o forse è solo suggestione, ma sembra quasi fare meno caldo di due minuti fa.

giovedì 16 luglio 2015

#OFF

ci sono giorni orribili.
come oggi.
e l'unica cosa che vorrei è stare tra quelle braccia, chiudere gli occhi e non sentire nient'altro.
anche solo un giorno.
anche solo un'ora.

mercoledì 15 luglio 2015

CIAO CARA

ci sono cose che accendono nella mia mente l'impulso di spingere la gente a terra, afferrarla per le spalle e scuoterla forte, facendole sbattere la testa contro il pavimento finchè sanguina.

tutti abbiamo delle cose che ci ispirano il desiderio di spingere la gente a terra, afferrarla per le spalle e scuoterla forte, facendole sbattere la testa contro il pavimento finchè sanguina.

ecco, per me "ciao cara" è una di queste cose.

cioè, dai... "ciao cara" de che???
che poi... ho davvero la faccia di una a cui puoi dire "ciao cara"???

lo so, sono una brutta persona, ma è più forte di me.
#Mas diceva che è colpa del mio pragmatismo trevigiano.

il fatto è che è scientificamente provato che l'86% di quelli che dicono "ciao cara" lo fanno solo perchè devono chiederti qualcosa.
telefonata standard del tipo che dice "ciao cara":
- ciao cara, come stai? [punto primo: non chiamarmi cara. punto secondo: non chiedermi come sto.]
- eh... insomma... il dottore mi ha appena dato cinque giorni di vita [potrei rispondere qualsiasi cosa, tanto non sta ad ascoltare]
- sì sì. anch'io, grazie. [visto????] volevo chiederti... lo so che ho il listino e potrei guardare quello, ma non è che mi puoi mandare al volo la quotazione per dodici articoli diversi, in scaglioni da otto quantità, con i rispettivi costi di trasporto???
- mmmmm... certo [scoppia, maledetto], ora sono in pausa pranzo, te li mando primo pomeriggio
- eh, ma a me servono subito... dai... li aspetto eh??? ciao, cara!
l'immensa fortuna di questa gente è che non ho ancora trovato il modo di ucciderla via telefono.

poi c'è quella percentuale altrettanto alta e altrettanto fastidiosa che dice "ciao cara" random.
e siccome a me essere random dà particolarmente sui nervi, darei fuoco pure a quelli.
ho un nome, io.
se tu non lo sai, non è un problema mio.
se tu non lo sai, sforzati di inventarti qualcosa di un tantinello più originale, perchè "cara" ci chiami tusorella.
se vuoi chiamare me, trovami un nome che sia solo mio, non quello che usi anche col tuo cane.

altro discorso per i simpaticoni.
quelli che attecchitticonosce, ma dopo tre secondi netti che t'hanno incontrata ti dicono "ciao cara".
anzi, peggio: ti dicono "ciao cara" e ti toccano da qualche parte, ti mettono la mano sul braccio, o sulla spalla, occhessoio; al che tu vorresti tanto prendere quella manina e frantumare ad uno ad uno tutti i ditini.

e infine, ammettiamolo, c'è una piccolissima parte di persone che può chiamarmi "cara" finchè vuole.
perchè so che mi vuole bene e che se mi chiama così è perchè gli sono cara davvero.
sono talmente poche però, che la probabilità che tu sia tra queste è infinitesimale.

quindi, a scanso di equivoci, fa' 'na cosa:
se vuoi evitare di farmi venire voglia di spingerti a terra, afferrarti per le spalle e scuoterti forte, facendoti sbattere la testa contro il pavimento finchè sanguina...

non dirmi "ciao cara", va'.

martedì 14 luglio 2015

IN DA OFFICE #4

COMINCIAMO BENE....


DREAMS

stanotte, o meglio stamattina, ho fatto un sogno curioso.
perchè sì, pure io dormo.
a rate, ma dormo.

dicevo, ho fatto questo sogno strano con di mezzo il mare e cose che ora non mi vengono in mente.
quello che ricordo bene, invece, è che ad un certo punto ho aperto una cassapanca e all'interno ci ho trovato degli ombrelli chiusi.
un sacco di ombrelli chiusi.
ombrelli grandi.
ombrelli piccoli.
ombrelli nuovi.
ombrelli vecchi.
ombrelli like there's no tomorrow.

ora...
secondo sua maestà google, ci sono due interpretazioni principali che si possono dare a questa cosa...

una potrei riassumerla così:



mentre l'altra.......

E NON CI PENSO PIU'

è che non è facile...
per me poi, che pensare è una delle poche cose che ho.

devo imparare a non pensarci più.

è che mi dispiace, non pensarci più.

ed è strano, perchè in fondo fa più male pensare di non pensarti più che pensare che tu a me non ci pensi mai.


I don’t care if it’s a sad goodbye or a bad goodbye, but when I leave a place I like to know I’m leaving it. If you don’t you feel even worse.
J.D. Salinger, The Catcher in the Rye

lunedì 13 luglio 2015

DownTheRabbitHole

Alice saltò in piedi pensando di non aver mai visto un coniglio con la sottoveste e il taschino, né con un orologio da cavar fuori, e, ardente di curiosità, traversò il campo correndogli appresso e arrivò appena in tempo per vederlo entrare in una spaziosa conigliera sotto la siepe. Un istante dopo, Alice scivolava giù correndogli appresso, senza pensare a come avrebbe fatto poi per uscirne. La buca della conigliera filava dritta come una galleria, e poi si sprofondava così improvvisamente che Alice non ebbe un solo istante l'idea di fermarsi: si sentì cader giù rotoloni in una specie di precipizio che rassomigliava a un pozzo profondissimo. Una delle due: o il pozzo era straordinariamente profondo o ella ruzzolava giù con grande lentezza, perché ebbe tempo, cadendo, di guardarsi intorno e di pensar meravigliata alle conseguenze. Aguzzò gli occhi, e cercò di fissare il fondo, per scoprire qualche cosa; ma in fondo era buio pesto e non si scopriva nulla. Guardò le pareti del pozzo e s'accorse che erano rivestite di scaffali di biblioteche; e sparse qua e là di mappe e quadri, sospesi a chiodi.

ci sono persone, lì fuori, che ti fanno sentire esattamente così, come Alice che cade nella tana del bianconiglio.
e poco importa se Alice sa che non riuscirà mai a prenderlo, il suo coniglio bianco.
lei corre, senza pensare...

a volte non è la conquista ciò che cerchi, ma quella sensazione folle di caduta nel vuoto...
l'eccitazione, il brivido...
perdere controllo e lasciarsi andare.
anche quando sai che l'unica cosa che troverai alla fine della corsa è il pavimento.
il pavimento di una tana vuota.
ma del resto, sono pur sempre scelte, no?

1993

era il 1993 e la "M" di MTV stava ancora per "music".
mi innamorai all'istante.
ancora oggi, 22 anni dopo, è uno dei miei pezzi preferiti in assoluto.



venerdì 10 luglio 2015

GIOVEDI'

ieri sera guardavo Cracked sgranocchiando semini di girasole sul divano, con le portefinestre aperte e l'aria finalmente fresca.
Cracked è uno dei pochi telefilm che vedo, trovato per caso durante una sessione di zapping ossessivo-compulsivo nella tvdeipoveri.
mi chiedo sempre come fanno quelli che seguono tutte le puntate di tutte le serie di tutti i telefilm esistenti...
cioè... io proprio non ce la farei.
probabilmente sono l'unica sulla faccia della terra che quando ha saputo che è schiattato Derek ha detto "hallelujah".
il fatto è che secondo me dopo la terza serie dovrebbero morire tutti e tanti saluti, sennò è la noia.
ad ogni modo... di Cracked hanno fatto solo tipo 20 puntate e poi l'hanno silurato, il che lo rende perfetto.
e poi mettiamoci pure quel piccolo particolare che 'sto David Sutcliffe disadattato con la magliettina attillata e il giubbotto antiproiettile slacciato.... eh, ciao.

comunque non era del detective Black che stavo parlando, ma dei semi di girasole.
perchè mentre stavo lì a triturare semini con gli incisivi come un criceto, mi è apparsa chiara in mente l'immagine di Christiane F. all' Hasenheide con gli arabi, una scenetta amena proprio.
da lì ho cominciato a pensare che non sono mai stata a Berlino.
Berlino è l'unica città in tutta la Germania che mi piacerebbe visitare.
dovrei proprio andarci, prima o poi.
e magari passare a trovare Ale.

Ale è il ragazzo a cui ho dato il mio primo bacio.
è stato un trauma.
me lo ricordo ancora come fosse ieri... l'emozione... la sensazione umidiccia della sua lingua in bocca; credo avesse appena mangiato una caramella perchè era dolcissima.
non avevo la più pallida idea di cosa fare.
per un sacco di tempo ho avuto  un tremendo complesso di non saper baciare.
mi ricordo che ho persino comprato un libro di nascosto, "l'arte di baciare" di William Cane, ma inutile dire che non ho fatto grosse scoperte tra quelle pagine.
ho imparato pian piano, come tutti, e un paio di anni dopo io e Marco limonavamo come se non ci fosse un domani.
a pensarci oggi ero davvero, davvero, davvero cretina.
a mia discolpa però posso dire di non essere stata l'unica, dato che quel libro assurdo lo vendono ancora oggi.
peccato non ci fosse stato google all'epoca... insomma, se ci sono le istruzioni per lo squirt ci saranno pure quelle per i limoni no?
mi sarei risparmiata una gran figura di merda dal libraio...

comunque dicevo... mi piacerebbe andare a Berlino.
e forse chiamerei Ale.
o forse no, come a NY non ho chiamato Marco (quello del noncifosseundomani di cui sopra) o L, la mia bff di quando ero gggiovane.
però Ale forse sì.
beh, insomma.. vedremo...
devo capire come sistemare BrightonTheCat...

e poi mi piacerebbe un sacco andare a Bristol.
forse sceglierei prima Bristol di Berlino.
motivazione non pervenuta, ma boh, mi piace già dal nome.
non ho limonato con nessuno che viva a Bristol, tanto per puntualizzare.

ah, ho ricominciato a leggere Il Giovane Holden, tipo per la milionesima volta.
che non c'entra nulla con Bristol o Berlino o con nulla di ciò che ho scritto finora, ma questa cosa che non riesco a fare a meno di rileggere gli stessi libri ogni tre per due dovrebbe finire.
mi verrebbe quasi da chiedere a #LaNico se ha qualche sua idea interessante a riguardo, ma ho il vago sentore che Freud mi appiopperebbe una qualche pseudodisfunzione sessuale random.
forse, tutto sommato, meglio non sapere.

e forse, tutto sommato, dovrei smettere di sgranocchiare semini di girasole come Christiane F.

LUNEDI' BLU

avete presente quando cercate di ricordare una cosa, ma assolutamente non ce n'è?
ecco...
sono anni, ma anni davvero, probabilmente più di dieci, che cerco di ricordare il titolo di un libro.
l'avevo regalato ad un'amica per un compleanno e poi me l'ero fatto prestare.
i libri non bisognerebbe mai farseli prestare.
almeno non quando sei come me, che quando un libro mi piace lo rileggo all'infinito.
ce ne sono alcuni che avrò riletto decine di volte.
decine.
al plurale.
[ah, per inciso in questo post la parola "libro" verrà ripetuta ennemila volte, perchè per me un sinonimo di libro non esiste]
ad ogni modo c'era questo libro, che mi era piaciuto da morire e devo assolutamente rileggere, ma non riuscivo a ricordarne nè il titolo nè l'autore.
di preciso non saprei raccontarne nemmeno la trama, ad essere sincera; ricordo solo che c'era qualcosa in quelle pagine che mi aveva colpita dritta allo stomaco, una sensazione strana, forte.
ho cercato di ritrovarlo in tutti i modi, ma nemmeno la mia proverbiale capacità di scoprire qualsiasi cosa su google era servita.

finora.

perchè mentre scrivevo il post che sta ora nelle bozze, all'improvviso, non so nemmeno da dove, mi è venuta in mente un'illuminazione:

Amsterdam.
Aaron, o Alan... qualcosa del genere.
BLU, c'era il blu da qualche parte, il mio colore preferito.

Lunedì Blu di  Arnon Grunberg

VALHALLA


This is life
It's a test
It's a game
Did you pass?
Play again
In the hope
That you see
Where you've been
It's the fame
It's the drugs
It's the social circle that you're not part of
It's the fear
It's everybody else, it can't be me
You're the reason I can't control myself
I can't control myself
I am done
With this war
I will spit right in the face of all you whores
In the hope
That you see
Where you've been
It's the fame
It's the drugs
It's the social circle that you're not part of
It's the fear
It's everybody else, it can't be me
You're the reason I can't control myself
It's the world
On its knees
It's the heaven that everyone seems to need
It's the light
It's the focus that you cannot seem to find
The fame
The fear
The social circle that you can't get near
The drugs
It's everybody else, it can't be you
You're the reason I can't control myself

lunedì 6 luglio 2015

LUNEDI'

è un lunedì strano oggi.
stamattina ho capito che a cena avrei dovuto assolutamente mangiare insalata di uova e avocado.
per forza.
ma tipo che non so nemmeno se mi piace, l'insalata di uova e avocado.
ad ogni modo lo scopriremo presto, pregate per me.

non avendo (ovviamente) nè le uova nè l'avocado, in pausa pranzo sono andata da Ariele.
Ariele è il supermercato dell'infoiato dell'ecobio, uno di quei posti dove tutto è rigorosamente naturale e salutistico, i detersivi magari non lavano un cazzo, ma sono amici dell'ambiente e tofu e seitan arrivano al banco salumi modellati a forma di maialino da affettare.
insomma, il tempio della setta dei vegani sovversivi.

non ditelo a nessuno, ma io adoro andare da Ariele.
tipo, tu entri e tra un broccolo e una confezione di spaghetti shirataki ti senti in pace col mondo.
non puoi andare da Ariele e non sentirti immediatamente più magra e più fica.

e poi mi piace guardare la gente che fa la spesa.
sì, lo so, non mi faccio mai i cazzi miei, ma che ci posso fare se mi piace?
oggi tra l'altro c'era pure un tipo carino.
decisamente carino.
ho fatto un rapido controllo del contenuto del suo carrello: tipica spesa da single.
da quello che compra la gente al supermercato puoi capire un sacco di cose...
comunque... mi sa che se n'è accorto perchè quando ho alzato gli occhi dalla sua spesa mi stava guardando e mi ha sorriso.
inutile dire che mi sono fiondata alla velocità della luce tra gli scaffali del riso integrale.
eh niente, le figure di merda sono di merda anche se fai la cacca ecobio.

comunque... ora ho tutto l'occorrente per preparare quello che dovrebbe essere
pane ai semi di lino con insalata di uova e avocado, striscioline di salmone affumicato e una spolverata di semini vari tostati (per fare un po' crunchy).
se non muoio avvelenata vi faccio sapere se era buono.

Cia'.